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Francesco Sena: elogio dell’irrequietezza

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Sportivo, atletico e con la faccia pulita. La classica che si definisce «da bravo ragazzo» tutto casa-lavoro. Alzi le mani chi non lo vorrebbe avere come fidanzato della figlia… Ma dietro a questo aspetto pacato e mite si nasconde dell’altro che è il suo opposto e si traduce in una parola complessa e meravigliosamente ricca di potere ed energia: irrequietezza.

Francesco Sena è uno che non smette di viaggiare, cercare, scoprire, sperimentare. Un «pioniere del diverso». Uno che non si ferma mai, e forse anche per questo, ama il mare. Lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio e farci raccontare che cosa ha fatto nella sua vita fino ad oggi. Niente paura, sono tutte cose interessanti.

Alcuni bellissimi momenti del suo modo diverso di affrontare il quotidiano, sono raccontati in una serie di video che si trovano su YouTube. Francesco, infatti, ha scelto (con grande successo) una videocamera per dipingere a parole e immagini le storie delle sue giornate e la sua idea piena di energia di vedere il mondo.

Dove pensi che ti porterà tutta la tua irrequietezza?
Non ho la minima idea perché vivo alla giornata. Cerco di non pensare mai al futuro e di vivermi ogni giorno come il migliore di sempre. Nella mia vita cerco di fare solo le cose che mi piacciono e mi fanno stare davvero bene. Senza programmi, senza strategie, senza imposizioni.

Bello, ma non hai mai un po’ di paura?
Cerco di essere poco legato alle classiche paure del nostro tempo: lavoro, denaro, soldi, lavoro fisso, carriera, salute…

Come fai?
Nei primi anni la mia era totale incoscienza. Ho passato momenti difficili a cercare una soluzione. Adesso c’è più consapevolezza. Sto costruendo un percorso, che è un mio personale percorso insolito, diverso da tutto il resto. La mia rotta non è andare contro vento ma nemmeno farsi spingere dalla massa senza decidere, cioè seguire la rotta che adottano la maggior parte delle persone: un lavoro sicuro, un tragitto casa-lavoro uguale tutti i giorni. Non so dove sto andando né tantomeno dove arriverò. Ma la cosa bella è che non me lo chiedo nemmeno.

Sei sempre stato così sicuro di te?
Cercare la mia strada non è stato facile. Sono passato per un periodo lungo e difficile in cui ero preoccupato, mi facevo delle domande senza trovare delle risposte. Prima di trovare la tua personale strada, il tuo equilibrio, se percorri sentieri insoliti e poco battuti è molto facile perdersi. Oggi sono abituato a convivere con l’incertezza. Il mio modo di affrontare la vita è quello di farlo alla leggera. Il che non significa non responsabilmente, semmai diversamente.

Quindi, com’è la tua giornata tipo?
La mia vita è molto dipendente dal periodo e ruota intorno allo sport. Finita la stagione estiva in mare, mi dedico principalmente alla bicicletta e alla corsa a piedi, cerco di allenarmi 2 volte al giorno. E poi passo molto tempo a fare video, a scrivere e preparare contenuti per i miei canali social e per le aziende con cui collaboro. È anche il periodo in cui pianifico il mio viaggio: fra gennaio e febbraio mi prendo un mese di tempo per visitare qualche parte del mondo. Al mio rientro mi dedico a mettere a punto il materiale per la stagione. Faccio i tagliandi alla barca, verifico e sistemo l’attrezzatura e poi a marzo la stagione riparte e tutto diventa più impegnativo e un po’ ripetitivo anche per me.

Come vivi, cioè come ti mantieni?
La mia attività principale è quella della ASD di cui sono Presidente, la Apnea Salento. Mi occupo di fare corsi e stage di apnea. Dall’anno scorso ho il supporto di Peperita, la mia barca a vela, e molti workshop li tengo a bordo. Inoltre, faccio un corso importante da Y-40, collaboro con Omer provando le attrezzature. Mi capita anche di fare il modello per scene particolari da fare sott’acqua e da poco ho anche il supporto di uno sponsor, Lorenz Watch.

I tuoi video spesso raccontano storie. Non solo le tue esperienze. Come hai iniziato?
Videocamera e videoreportage mi hanno sempre affascinato sin da ragazzino. Oggi questa passione è diventata parte del mio lavoro. Ho sempre sentito il bisogno di condividere con altri alcune esperienze e belle storie di persone. Volevo tramettere la gioia di quello che stavo vivendo, agli altri. Anche e soprattutto a quelli che non conosco nella speranza che anche loro potessero fare lo stesso.

Quanto ti hanno aiutato i video per aumentare la tua popolarità?
I contenuti sono sempre un valore e quindi è chiaro che se piacciono danno notorietà e like… Ho sempre fatto tutto guidato solo dalla passione. Non voglio farmi ammanettare dalla logica dei numeri. Quelli li considero una conseguenza del mio lavoro. Per me la cosa importante è prendere in mano una telecamera e raccontare delle storie.

Come ti definisci?
Non mi piace l’idea di essere etichettato in un ruolo. Sono un pescatore in apnea, un viaggiatore, uno sportivo, un videomaker e altre cose. Non ho una specializzazione. Sono come un liquido che può andare dappertutto.

A proposito di storie strane, come sei riuscito ad avere in regalo una barca a vela?
È stata una grande fortuna. Peperita, un Comet del 1978, era in vendita da più di un anno. Le persone che andavano a vederla si fermavano davanti ai numerosi lavori di cui aveva bisogno: impianto elettrico, osmosi dello scafo, vele da rifare, interni da sistemare. Era piena di acciacchi e nonostante il prezzo continuasse a scendere nessuno la voleva. Fino a quando il proprietario ha deciso di regalarla e nessuno la voleva lo stesso.

Quindi?
L’ho vista e mi sono innamorato di lei. Le persone a cui la facevo vedere mi sconsigliavano di prenderla, sarebbe stato più conveniente comprare un usato già pronto per navigare. Certe cose però non si spiegano: io volevo lei. Devo dire che le cose più belle che ho fatto le ho realizzate seguendo il mio istinto di cui mi fido ciecamente. Mi sono reso conto che le persone ragionano in maniera protettiva verso sé e gli altri e tutta questa razionalità ammazza la bellezza e il fascino dell’istinto. Peperita ha avuto bisogno di 9 mesi di cure e attenzioni prima di riprendere la via del mare. La riparavo quando avevo dei soldi per farlo, senza fretta. C’è stato più gusto a fare così. E poi va detto che io non amo le cose pronte subito fatte e finite.

So che leggi molto, che cosa porteresti in mare per una lunga navigazione?
Non voglio parlare dei libri più belli per me, ma quelli che mi sono rimasti più impressi. Questi titoli hanno segnato un periodo, un passaggio. Li definisco «mitici»: Il Barone Rampante di Italo Calvino, Il silenzio del mare di Sergio Bambaren, Oceano Mare di Alessandro Baricco. Ma su tutti metto la biografia di San Francesco. Un libro fantastico che per altro mi è stato di grande aiuto in un periodo difficile della mia vita.

Parlami dell’altra tua casa, quella sulla terra ferma.
Sono cresciuto a Napoli ma ho passato la mia infanzia a Torre Suda con la mia amata nonna che era nata qui e aveva una casa. Qui ho scoperto il mare, ho iniziato a nuotare, mi sono innamorato dell’acqua. Passavo qui 3 mesi l’anno in questo paese da quando avevo un anno di vita. Poi sono cresciuto, mia nonna è mancata e ho cambiato orizzonti. Viaggiavo, cercavo e sperimentavo perché non avevo capito bene che cosa volessi fare della mia vita. Avevo lasciato il lavoro di mio padre, mi definivo un po’ sbandatello. Ma Torre Suda era rimasto il mio punto di riferimento importante. Qui mi sentivo a casa. Qui dovevo comprare casa.

Un anno mentre facevo la stagione lavorando in una barca di corallari dopo una giornata in mare ho visto il cartello di una casa in vendita che si trovava proprio a 300 metri da dove è nata la mia amata nonna. Non ho resistito. Non avevo un progetto, un lavoro, nulla. Ma volevo quella casa. Ho conosciuto la proprietaria che mi ha preso in simpatia, ero diventato come un nipotino per lei. La casa era abbandonata da più di 20 anni. Non aveva allacciamento alla fognatura, luce, acqua, impianti di nessun tipo.

Immagino che non ti sei certo fermato davanti a questi dettagli…
Ho comprato 4 mura poi piano piano l’ho sistemata. Il modo in cui è diventata una casa civile e vivibile è un’avventura e una storia come quelle che piacciono a me. Vivevo qui anche d’inverno senza infissi né riscaldamento. Avevo messo delle buste di plastica al posto degli infissi che non mi potevo permettere di fare… Non c’era la luce e infatti avevo candele a non finire sparse in ogni angolo della casa. D’inverno mettevo il letto praticamente attaccato al camino che funzionava h24. Ho vissuto due splendidi anni qui vivendo come un senza fissa dimora. Intanto, lentamente, i lavori andavano avanti. La casa era un cantiere, ricordo che al posto del pavimento c’era l’erba. Poi una sera ho conosciuto un carpentiere senza lavoro, così per caso. Siamo diventati amici e tutt’ora è uno dei miei cari amici, mi ha aiutato. È grazie a lui che ho potuto accelerare i lavori e abitarla. Anche se va detto che ci ho messo 5 anni per finirla come è oggi. Certo io spesso in quegli anni viaggiavo fra Australia, Usa e Sardegna dove spesso mi fermavo ad aiutare Umberto Pelizzari a fare i corsi. Nonostante io mi definisca un senza fissa dimora, avere un campo base è stato fondamentale. In fondo anche i nomadi hanno una casa, no?